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ARTISTS

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Tutti i testi e le biografie complete sono pubblicate sul catalogo ufficiale dell'evento.

Coppia che legge

DAVIDE D'ELIA

Davide D'Elia è nato nel 1973 a Cava dei tirreni (SA). Vive e lavora a Roma. Ha esposto in mostre personali e collettive, in Italia, Inghilterra, Libano, Grecia e Slovenia. Suoi lavori sono stati esposti alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, altri acquisiti nella collezione MAXXI - Museo delle arti del XXI secolo e ha partecipato alla 55 Biennale di Venezia (2013).

Con una formazione legata alla pittura informale, l’artista a partire della seconda metà degli anni Duemila sperimenta l’interazione del tempo e degli agenti atmosferici sulla materia, che lo portano a realizzare opere composte con materiali solarizzati, usurati dal tempo, e con la muffa.

Sono lavori che esplorano quello che rimane, documentano la storia, la vita proiettata sulle cose: l’artista osserva il passaggio del tempo portando avanti una riflessione che riguarda non soltanto la consapevolezza della memoria ma anche la sua trasmissione.

A queste opere ne seguono altre in cui le muffe vengono unite o contrapposte a carte millimetrate, strumenti di precisione e di controllo dello spazio, completamente opposti alla imprevedibilità dell’azione del tempo e della natura sulle cose.

Nel solco di una riflessione che si sviluppa in modo logico e conseguenziale, D’Elia sviluppa successivamente una nuova linea di ricerca apparentemente opposta a quella legata ai segni del tempo sulla materia.

Nel 2014 realizza una installazione ambientale dal titolo Antivegetativa un intero ambiente in cui pareti, oggetti, quadri vengono immersi in una pittura azzurra a base di piombo, l’antivegetativa appunto, utilizzata nei cantieri nautici per evitare l’usura delle chiglie delle barche.

Se le muffe, le solarizzazioni, la polvere ci raccontano il tempo e la memoria sulla materia, se la carta millimetrata tenta un controllo dell’azione del tempo, l’antivegetativa con il suo azzurro compatto, nasconde qualsiasi traccia del tempo, o forse tenta di preservare la materia dal tempo.

Le opere di D’Elia sono caratterizzate dalla contaminazione tra i linguaggi e da un’estetica concettuale. Nei suoi lavori il dato soggettivo e i materiali vengono destrutturati e ricomposti per trasformarsi nel veicolo di un pensiero universale. Dalla materia dunque all’astrazione.

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AMALIA DE BERNARDIS

Amalia de Bernardis, nasce a Cosenza nel 1984, poi si trasferisce a Torino dove tuttora vive.

Autodidatta, preferisce le botteghe ed i workshop, i simposi ed i laboratori, all’accademia d’arte.Si forma tra Torino, Berlino, Varsavia, Milano e New York.
Performer, artista visiva, scultrice espone e agisce in gallerie d’arte, in spazi culturali, in spazi off, in mostre internazionali, in appartamenti privati, in paesaggi naturali ed urbani, spostando l’attenzione sull’opera (nella zona visiva) e non sul nome dell’artista (spesso utilizza altre firme o non firma affatto). Espone in Italia e all’estero. 

Tra gli ultimi lavori, si citano le due performance: Innocent Love e LL presso la Galleria Moitre (Torino).

Curatrice di esposizioni d’arte, lavora inizialmente come curatore esterno poi apre nel 2015 il Temporaneo Spazio Cit, spazio itinerante con base a Torino e nel 2017 inizia il percorso H25 (mostre solo su invito in appartamenti privati).

Da sempre svolge esperimenti sugli “allestimenti vivi”.

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EMANUELE DELLO STROLOGO

Emanuele Dello Strologo, nasce a Genova 49 anni fa. Quasi per caso decide di provare la fotografia e senza accorgersene questa diventa prima una passione e poi il proprio lavoro.

Dopo un paio di anni inizia a collaborare con l’Agenzia fotografia Corbis per seguire eventi, ossia News di carattere sociale e non. Dopo qualche mese inizia a collaborare e ancora oggi collabora, con l’Agenzia fotografica Getty Images per News e Reportage.

Si evidenzia quindi un’attitudine specifica a fotografare il mondo in cui vive e non solo, una specificità nel raccontare attraverso i reportage e i ritratti quelle che sono le situazioni che possono essere le più diverse, dal terremoto, l’alluvione, la manifestazione, il problemi dell’immigrazione, ecc. Quindi Emanuele usa la macchina fotografica quale strumento di comunicazione, quello strumento attraverso il quale coloro che vedono le sue fotografie possano immergersi in ciò che lui ha visto e ha voluto raccontare, portare alla luce di tutti l’argomento da lui trattato.

Oggi continua la ricerca di qualunque argomento per lui sia importante seguire, immergersi e trarre da qui il suo lavoro nella ricerca di rendere utile questi suoi lavori che hanno fondamentalmente lo scopo di far conosce e mostrare vari momenti e non solo, sempre nel rispetto delle persone e cercando sempre di non essere mai banali.

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MONTSERRAT DIAZ

Fotografa autodidatta, Montserrat Diaz, nata a Malaga, ma residente a Milano dal 2000, dove si laurea in Lingue e Letterature Straniere, ha sempre avuto una grande predisposizione per l'arte. Anche se inizialmente ama esprimersi attraverso la pittura, nel 2014 scopre la fotografia e da allora diventa il medio attraverso il quale preferisce esprimere se stessa.

Il suo percorso espositivo e lavorativo inizia nel novembre 2016, in occasione dell’evento torinese Paratissima XII, nella sezione fotografica NoPhoto curata da Laura Tota.

Nel 2017 espone al MIIT di Torino e vince il bando di partecipazione indetto da Malamegi Lab grazie al quale espone alla galleria Imagoars di Venezia  conquistando il primo premio fra i partecipanti. Sempre quest’anno partecipa a Paratissima XIII di Torino, ottenendo il Pemio Bonetti e il Premio Mauto. Artisti Italiani la sceglie tra i partecipanti al prestigioso Premio Celeste per una bipersonale a Giarre (Catania), curata da Benedetta Spagnuolo.

Nel 2018 partecipa a Paratissima Bologna e vince il Premio PRS a Paratissima Milano. Partecipa al Sorrento Young Art festival, evento artistico curato da Paolo Feroce, e alla collettiva fotografica curata da Martin Vegas indetta da ImagNation a Parigi.

Di nuovo con Artisti Italiani espone in una bipersonale curata da Benedetta Spagnuolo, al Galata Museo del mare di Genova, mentre lo showroom DVO di Milano la invita per una personale dal titolo The oniric photography of Montserrat Diaz.

Nel frattempo collabora con ForiAsse, cooperativa letteraria, e con Studio Ata/Plan Buy®/Barbara Corsico photography, e viene pubblicata da diverse riviste online quali Click Magazine (con anche la copertina, 1/2018) e Thalamus Magazine (rivista spagnola, 9/2018).

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BORIS DUHM

Boris Duhm nasce a Aquisgrana, in Germania; vive e lavora a Berlino e Budapest.

Artista che lavorava principalmente con la fotografia analogica, su pellicola, oggi ha aggiunto diversi media: pittura, collage, installazione e performance; il suo lavoro ruota intorno al concetto della “diversità”, in una società che si basa sempre più sulla “conformità” dei suoi membri e in cui l’emarginazione del non conforme appunto diventa il primo approccio utilizzato.

Per questo motivo Boris interpreta spesso i personaggi descritti nelle sue opere, quasi un processo di auto-identificazione di diverse identità e connotazioni, non solo visive ma anche sociali; ricostruisce teatrali set fotografici o allestimenti visivi molto kitsch, strutturando spesso vere e proprie performance.

Le sue opere non sono semplici fotografie ma parte di un processo sperimentale che tende a far emergere e visualizzare uno stato mentale del nostro contemporaneo; egli stesso afferma “quando un'immagine diventa simbolica può acquisire una dimensione politica o sociale.”

Il complesso del suo lavoro, non solo le immagini, ma anche i video e i dipinti rispecchiano la sfera di un linguaggio apparentemente irrazionale ma che usa codici che spesso ritroviamo nel mondo della comunicazione contemporanea. Spesso paesaggi naturali, selvaggi, fanno da contorno ai suoi personaggi; nei lavori di Duhm, il volto dell'artista, o meglio, la sua rappresentazione di un’individualità specifica, viene celata. Il visibile quindi diventa allegoria di un’assenza o come in “Forest-Paintings”, il palcoscenico stesso, la location degli scatti, diventano contenuto allegorico, una natura "selvaggia" che diviene specchio interiore.

Ultimamente l’artista sta lavorando ad una nuova serie di immagini fotografiche molto poetiche che trattano la relazione tra l’uomo e la natura; alcuni dei nuovi lavori sono stati portati in Transilvania e Slovenia nel 2012 e nel 2013 e sono stati scattati nelle campagne berlinesi.

Affianca la sua attività di artista a quella di docente universitario insegnando fotografia e sceneggiatura in diverse sedi in Europa.

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PATRICIA EICHERT

Patricia Eichert è un’artista che vive e lavora a Wuppertal e Dusseldorf; come fotografa è specializzata in shooting di moda, people e ritratto con una particolare attenzione alle persone che sono il fulcro del suo lavoro sia commerciale che artistico; i suoi scatti sono molto colorati, surreali, intimi ma nello stesso tempo di matrice pubblicitaria, utilizza lo stesso linguaggio che si tratti di un servizio su commissione o una serie fotografica personale.

Le sue opere sono state esposte a Londra, San Francisco, Belfast, Bologna e in Germania.

Patricia  è una fotografa emergente che lavora con molto umorismo ed ironia costruendo scenari fotografici che seducono con un gusto retrò, l’originalità degli accostamenti di designer e  la scelta di set coloratissimi e saturi, quasi iperrealisti.
I suoi personaggi si muovono in un universo apparentemente quotidiano e rassicurante ma che in realtà si colloca nella nostra memoria visiva, sono personaggi quotidiani presenti all’interno di scene che riproducono spesso la nostra vita; questo scarto molto netto tra presente e passato, realtà e surrealismo, forma e sostanza, costruisce identità clonate, rappresentazioni di ruoli in cui tutti possiamo identificarci inizialmente con un sorriso e successivamente con un’ipnotica curiosità di definire questi stereotipi di vita che tanto ci appartengono, quanto sfuggono alla nostra codificazione proprio perché ci riconosciamo attori che recitano una parte.

Così facendo le sue immagini ci mostrano uno spazio intimo dandoci la libertà di costruire una narrazione per ognuno dei suoi personaggi; le sue serie fotografiche, diverse tra loro, hanno un’inconfondibile comune denominatore stilistico, riguardano immagini emotivamente enfatiche che mescolano realtà e finzione con un'attenzione visiva stupefacente.

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NADJA ELLINGER

Nadja Ellinger è una fotografa e artista di 25 anni con sede a Monaco, in Germania.

Acquistando la sua prima macchina fotografica all'età di 18 anni, la fotografia da allora è diventata la sua vera compagna. Nel 2013 Nadja ha deciso di seguire una formazione formale in fotografia e design presso l'Università di Scienze Applicate di Monaco.

Nel 2015 si trasferisce a Londra per un anno e mezzo come assistente alla fotografia e alla produzione. Dal 2016 al 2017, tornata a Monaco, ha iniziato come ritoccata in un'agenzia locale per marchi internazionali, mentre lavorava ancora ai suoi progetti. 2017 il progetto a lungo termine "Ma una sirena non ha lacrime" è stato pubblicato come libro e esposto nelle gallerie locali.

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ERRESULLALUNA + CHULI PAQUIN

ERRESULLALUNA+Chuli Paquin vivono e lavorano insieme dal 2012. Il primo, nato a Parma nel 1981, appassionato di fotografia da quando è bambino, inizia a dedicarcisi subito dopo aver concluso gli studi e realizza la sua prima mostra nel 2001 alla Biennale di Casina.
Chuli Paquin, nata a Parma nel 1989, dopo aver studiato grafica al Politecnico di Milano, si dedica agli studi umanistici conseguendo prima una laurea in Lettere Moderne, poi in Italianistica e Culture Letterarie Europee all'Università di Bologna. Il primo contatto tra i due avviene durante la realizzazione della serie R.itratti, nel 2012, e dopo una serie di collaborazioni, ERRESULLALUNA+Chuli Paquin decidono di lavorare insieme stabilmente, coniugando capacità tecniche, ricerche iconografiche e culturali e studi critici.
Si interessano a temi mitologici e classici, alle origini religiose e non della cultura italiana ed europea, e a tutto ciò che riguarda l'uomo nella sua dimensione conscia e inconscia. Sempre a partire dal 2012, hanno ideato una nuova tecnica di stampa che, utilizzando un acido di loro invenzione, permette di catturare il colore e ridistribuirlo con un pennello. Questo è ciò che maggiormente denota la loro estetica, ed è fortemente legato alla necessità di unire idealmente gli strumenti moderni e digitali a quel passato che esplorano con la fotografia.
Dopo aver esposto in alcuni spazi della città e aver partecipato a mostre collettive come Quadrilegio a Parma, e Paratissima a Torino, nell'aprile del 2016 inaugura la loro prima personale Iconic Personæ alla Galleria B4 di Bologna, e lo stesso mese partecipano alla prima edizione di Parma 360 - Festival della creatività contemporanea con Opus, alla Galleria San Ludovico. L'anno successivo partecipano con Galleria Façade alla Young International Artist Fair di Parigi. Nel maggio 2017 una selezione di loro polaroid è stata esposta al MamBo di Bologna, e alla Galleria Gallerati di Roma. Nel 2018 sono stati inseriti nel catalogo dei giovani artisti della città di Parma, voluto dall'assessorato alla cultura e curato dalla professoressa Gloria Bianchino.

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FRANCESCA FINI

Francesca Fini è un'artista interdisciplinare che focalizza la sua ricerca sui nuovi media, sul cinema sperimentale e sull'arte performativa. Vive e lavora a Roma.
Il fulcro del suo lavoro è sempre il corpo e il suo potere narrativo, in quella regione di confine dove la performance art e il cinema si ibridano, creando una nuova sintesi nella pratica dell'arte transmediale contemporanea.

Tra gli eventi artistici più importanti a cui ha preso parte negli ultimi anni, ricordiamo la Biennale WRO 2011 in Polonia, Currents New Mediain Santa Fe, CINEMED Film Festival a Montpellier, Nord Art International Art Exhibition, Berlin Directors Lounge e IKONO TV Film Festival in Germania , Videoformes Festival a Clermont Ferrand, Szczec in European Film Festival (SEFF) in Polonia, FILE Electronic Language International Festival in Brasile, Athens Videoart Festival, IVHAM New Media Arts Fest e Proyector Festival a Madrid, CYBERFEST e Now & After in Russia, Videoart Yearbook e Robot Festival a Bologna, Instants Video numériques et poétiquesin Marseille, MEM Festival al Guggenheim Museum di Bilbao e al Japan Media Arts Festival a Tokyo.

Nel 2012 è stata invitata alla prima Venice International Performance Art Week, con l'opera di Valie Export, Jan Fabre, Yoko Ono, Marina Abramovic e Hermann Nitsch. Nel 2013 ha vinto la FONLAD Performance Art Residency a Coimbra ed è stata invitata a Chicago per il Rapid Pulse Performance Art Festival. Nel 2014 è stata selezionata per il Margaret Guthman Musical Instrument Competition, organizzato dal Georgia Institute of Technology di Atlanta.

Nel 2014 e nel 2016 è stata artista in residenza presso il Watermill Center di Bob Wilson a New York. Nel 2016 ha scritto e diretto Ophelia non annegare; un lungometraggio sperimentale basato sull'ibridazione tra found-footage (dall'archivio nazionale Istituto Luce Cinecittà) e originale linguaggio performativo contemporaneo. Il film è stato presentato a New York, Clermont-Ferrand e al Macro Contemporary Museum di Roma.

Nello stesso anno ha scritto e diretto Gold-cercando Oz, un documentario sperimentale di 60 minuti prodotto durante una residenza artistica a Gerusalemme e finanziato da Musrara Mix Festival.

Viene citata dalla Treccani Encyclopedia come uno dei massimi esponenti della cyber performance in Italia.

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FLEUR/ENRICO DUTTO-FRANCESCO LURGO

FLeUR è un progetto nato a Torino da Francesco Lurgo (già attivo su palchi internazionali con Tacuma Orchestra Elettronica, Daniele Brusaschetto e altri) e Enrico Dutto.

Nelle loro performances si fondono due anime; i laptop convivono sul palco con chitarre e pianoforti, e la programmazione software si scontra con l’improvvisazione e la natura umana, creando un paesaggio sonoro che unisce il mondo digitale e astratto dell’IDM con l’evocatività del post-rock e con una ritualità oscura.

Dopo numerose esperienze dal vivo in club italiani ed europei e esperienze di sonorizzazione per performances teatrali, letture e video, il primo E.P. “Supernova, Urgent Star” esce all’inizio del 2014 e vede la partecipazione di Fabrizio Modonese Palumbo dei Larsen alla viola.

A cavallo tra 2016 e 2017 uscirà il primo full-lenght, “The Space Between”, per la Bosco Rec di Daniele Brusaschetto. Al disco partecipano come ospiti alla voce Brusaschetto stesso e Costanza Bellugi.

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NADIA FRASSON

Nata nel 1964 a Treviso, l'artista abita a Portogruaro; autodidatta, ha recentemente iniziato ad inserire nei suoi lavori la tecnica fotografica, conservando intatto il suo amore per la stoffa e il ricamo.

“Allora ho incassato colpo dopo colpo, ad ogni parola ho imposto il silenzio. Ho inghiottito piano il pianto ed ho sedato ogni furioso impeto di ribellione. Ma mai, mai ti ho ceduto il passo, costringendo le tue spalle a sfiorare il muro. Piegata ma mai a capo chino, ho combattuto la mia battaglia quotidiana. In ginocchio, ma solo per trovare dentro ad un pensiero la forza per andare avanti.

Credevi di avermi fatta a pezzi e invece mi sono moltiplicata”.

Ho usato ago e filo, nel simbolismo della formica, per raccontare questi quattro anni di mobbing.

Gli insetti rappresentano le molestie, le chiacchiere alle spalle, le maldicenze che sentivo camminarmi addosso.

Non era semplice trovare un linguaggio per raccontare il disagio, la sofferenza di quella esperienza, che divorava lentamente la mia vita.

(Enne Effe – Nadia Frasson)

L'artista nelle sue opere, di forte carica emotiva, accosta la fotografia, anche gli autoscatti, a composizioni di vario genere, azzardando l'utilizzo spregiudicato di materiali diversi.

A volte ricama le foto, con operazione tanto delicata quanto simbolica e struggente.

A volte stratifica garze, stoffe e ricami unendoli ad oggetti quotidiani: in “prex precis” l'opera tessile diventa onore e inno alla vita, rappresentazione sacrale del profano.

Sempre crea opere profondamente autobiografiche, rappresentazioni coinvolgenti in cui lo spettatore entra con naturalezza, sia che evochino il passato famigliare o un momento magico (come i frammenti di ricordi descritti in “storie brevi”) sia che raccontino episodi dolorosi legati al mobbing: questo tema, caro all'artista, è oggetto della serie "noli me tangere" ed è stato da lei recentemente e coraggiosamente sviluppato anche in una video performance.

Mai banale, Enne Effe colpisce per la profondità e la forza, anche violenta, dei temi che affronta con delicatezza e rispetto massimi, paragrafi nella narrazione di un processo evolutivo che passa anche attraverso il dolore.

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