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Tutti i testi e le biografie complete sono pubblicate sul catalogo ufficiale dell'evento.

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LUCA FUCCI

Luca Fucci è un artista toscano che da anni milita in formazioni elettroniche di avanguardia (Interferenze, Crafty Cell, BMT).

Nel 2015 l’esigenza di esprimersi individualmente lo porta a pubblicare il suo primo disco strumentale solista “Hidden Scars”: un crossover elettronico di emozioni, in cui sintetizzatori, drum machines e pianoforte sono elementi imprescindibili gli uni dagli altri, attraverso i quali viene plasmato un decadente microcosmo a tinte scure in cui immergersi e perdersi senza pregiudizi.

Accolto con grande successo da pubblico e critica, “Hidden Scars” è stato accompagnato da esibizioni live in cui musica e suggestivi visuals si fondono in un unico elemento.

L’espressione musicale di Luca Fucci si basa su pianoforti melodici, cupi e gravi che si alternano, incontrano e fondono con l’elettronica delle drum machines, dei synth analogici e modulari, per portare alla luce "cicatrici nascoste".

La attenta ricerca del suoni attraverso le macchine non è esercizio fine a se stesso, ma un mezzo per dare voce a sensazioni ed emozioni, senza bisogno alcuno di parole.

Il 26 Gennaio 2018 viene pubblicato “Live Scars”, una testimonianza audio-video della performance live tenutasi l’8 dicembre 2017 nella live room de “La Fucina Studio”: un viaggio personale ed intenso, tra musica elettronica e visuals. Una esperienza unica nel suo genere.

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GIORGIO GALIMBERTI

Giorgio Galimberti nasce a Como nel 1980. Da sempre appassionato di fotografia, complice anche un clima familiare aperto all’arte e alla creatività, fin da piccolo comincia ad avvicinarsi al mezzo fotografico attraverso le Polaroid.

Con i primi tentativi di manipolazione e alterazione dell’immagine, Giorgio esplora approfonditamente la dimensione giocosa del supporto istantaneo.

Durante l’adolescenza, la passione non viene mai meno e, attraverso la frequentazione di numerose mostre ed esposizioni, unitamente ad un’intensa attività pratica in camera oscura, si costruisce un personalissimo background fotografico, basato principalmente sulle tecniche di sperimentazione dei grandi maestri che hanno fatto la storia della fotografia.

Dopo un periodo di momentaneo distacco, durato qualche anno, Galimberti si riavvicina al mondo della fotografia digitale senza mai abbandonare del tutto la fotografia analogica. Attraverso la sperimentazione del bianco e nero perfeziona i suoi gusti e, memore della lezione dei grandi maestri della fotografia, si avvicina ad una visione del mondo incentrata prevalentemente sugli effetti della luce sui corpi e sui paesaggi urbani, riprendendo alcuni elementi tipici della street photography e rielaborandoli in funzione di un linguaggio fotografico moderno e narrativo che unisce agli scorci di vita quotidiana le visioni sospese dell’architettura urbana con uno stile fortemente personale e riconoscibile. Numerose le sue partecipazioni a mostre personali e collaborazioni con importanti gallerie d’arte Italiane e Internazionali che gli hanno permesso di entrare nella fotografia autoriale. Si dedica alla didattica trasmettendo durante i suoi workshop e seminari il suo punto di vista sulla fotografia d’autore.

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DEBORA GARRITANI

Debora Garritani è nata a Crotone nel 1983. Nel 2012 intraprende studi giuridici a Parma  che successivamente interrompe per iscriversi all’Accademia di Brera di Milano, dove studia pittura, conseguendo la laurea triennale nel 2012. L’esperienza di un lungo ed affascinante viaggio a Mumbai, dove svolge un’approfondita indagine sulla vita palpitante della città, l’ha portata ad approfondire lo studio della fotografia.

A partire dal 2012 realizza serie di autoscatti che costituiscono un’indagine su temi esistenziali, in particolare sugli opposti dualismi, presenza-assenza, memoria-oblio, ascesa e discesa dell’uomo, inizio e fine, peccato ed espiazione. Al centro della sua ricerca vi è dunque la vita, concepita come “pellegrinaggio”, in cui si alternano ombre e luci, cieli tersi e piogge scroscianti, rumore e silenzio, nascite e morti metaforiche. E’ dunque una fotografia intima ed evocativa, tesa a comunicare un messaggio interiore attraverso  il silenzio della riflessione.
Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive e nel 2014 è finalista del premio Cairo.

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CHIARA GINI

Chiara Gini, 1991, nasce a Vinci dove vive e lavora.

Inizia il suo percorso artistico come autodidatta, prediligendo nella sua ricerca la fotografia analogica. La sua visione (anche estetica) viaggia in un assenza di contemporaneità e di immaginari vivi in nessun tempo.

La fotografia analogica le permette di agire fisicamente sulla pellicola rendendo le immagini quasi pittoriche e prive di contrasto. Passando dalla fotografia, alla pittura su foto, fino all'istallazione, sfrutta le interazioni tra materiale organico e non, poesia e audio, per creare istallazioni site specific che rendano lo spazio parte essenziale dell’opera. Per esaltare l’assenza della società e l’essenza dell’individuo, i suoi, sono luoghi incontaminati, non-luoghi. I soggetti, prevalentemente femminili, sono immersi negli scenari dell’artista, le cui ispirazioni vengono da ricerche sul tema dell'identità, memoria e individuo. Dal 2011 ha esposto in mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero e i suoi lavori sono stati pubblicati su libri e magazine online.

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FEDERICA GONNELLI

Sono nata a Firenze, dove ho frequentato il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti. In entrambi i casi, specializzandomi formalmente in arti visive/pittura, ma concretamente ricercando soluzioni e strumenti diversi al di là da queste categorie. Vivo e lavoro tra Firenze e Prato. Una situazione di confine che ha caratterizzato il mio percorso artistico nei temi e nei componenti sviluppando una ricerca che si situa al limite tra le discipline canoniche delle arti visive. Confesso di non sentirmi pienamente parte di alcun compartimento delle arti visive. La mia ricerca è volta al superamento delle barriere, qualsiasi esse siano, che relegano in compartimenti stagni le varie arti, così come i confini che dividono gli individui. Dal 2001 ho sviluppato una profonda ricerca sul rapporto contenuto-contenitore, attraverso immagini e oggetti estrapolati dalla vita di tutti i giorni o piccole sculture realizzate con i più vari materiali ai quali sovrappongo, in un dialogo di scambio continuo, grazie alla trasparenza dell’organza, altre immagini. Dopo aver sovrapposto in modo bidimensionale vari elementi, ho sentito il bisogno di avere più profondità, ho sentito il bisogno di dare più spazio e respiro alle stratificazioni che componevano le mie opere trasformando il telaio in una sorta di scatola all’interno della quale avevo lo spazio necessario per porre i vari elementi della composizione, rivestendola infine con un velo d’organza.

Contemporaneamente la ricerca di spazio mi ha portato ad ampliare i miei progetti e ad affiancare alla realizzazione delle opere tridimensionali: performance, suoni, video proiezioni, installazioni e videoinstallazioni. Nel mio percorso, il video mi ha permesso di superare il concetto di contenitore reale presente nella mia opera, acquisendo un contenitore virtuale, nel quale le immagini scorrono fluide, elastiche, pulsanti, vitali, leggere e semitrasparenti.

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CHRISTINA HEURIG

Christina Heurig è un'artista, fotografa e sceneggiatrice autodidatta con sede a Berlino, in Germania e in Svizzera. Si è laureata nel 2017 come designer della comunicazione con il suo progetto di libri "Der Sandmann". Il suo lavoro si concentra sull'arte e sulla fotografia di ritratti, sulla costruzione di modelli in miniatura per il teatro dei burattini e sui film d'animazione, oltre a scenografie per opere teatrali e cinematografiche. In sostanza utilizza elementi legati ad un immaginario autoreferenziale di matrice dark con atmosfere misteriose ed oscure, elementi che appartengono ad una sua sfera intima caratteriale che diventano urgenza espressiva; illustra ed esplora strati e stadi emotivi e cognitivi dell’anima.

“La mia fotografia e le mie opere d'arte derivano principalmente dall'esplorazione dell'identità e dall’autorappresentazione del sé. Abbracciando e seguendo la mia naturale predisposizione per certe atmosfere dark, metto in scena e compongo ritratti e nature morte, che usano tecniche espressive anche legate al surrealismo. Spesso, la tecnica principalmente fotografica, include nelle mie opere oggetti distorti e mistificanti, persone e atmosfere particolari rese possibili da elementi che contrappongo alla sola tecnica fotografica quali  vetri, lenti che manipolano la ripresa o elementi simbolici che arricchiscono e completano l'immagine.

La mia opinione è quella di manipolare l'immagine giocando con il realismo del soggetto e rendendo visibile un'altra parte di realtà. Il principale motivo che mi spinge a creare  immagini è il bisogno di affrontare i miei sentimenti, ricordi e pensieri contemplativi, attraverso uno stato mentale simile alla “katharsis”. Sono molto affascinata dalla spiritualità, dai rituali, dalla magia della trascendenza e quindi altamente ispirata dal folklore, dalle fiabe, dalle storie di fantasia e dalle magie che scatenano i pensieri contrapposti all’immaginazione”.

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CORINNA HOLTHUSEN

Corinna Holthusen è un'artista concettuale specializzata in fotografia e digital imaging.
Nata ad Amburgo, tra il 1986 e 87 frequenta lo Studio Art Centres International a Firenze, dall’87 al 90 l’Istituto Europeo di Design di Milano, dal 1990 lavora come freelance ad Amburgo e dal 1993 inizia le prime esperienze con la manipolazione dell’immagine digitale.

Artista pluripremiata, le sue opere sono esposte in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo.

Le sue immagini vengono scattate in studio, manipolate al computer, poi stampate su tela fotografica. Affronta il tema della convergenza tra bellezza, disgusto, artificialità, naturalezza... volti e corpi perfetti (con chiari riferimenti all’immagine mediale della pubblicità), vengono successivamente manipolati e decostruiti quasi a ricomporne nuove fisionomie e infine infierendo con rotture, elementi tattili di materiali diversi, crea un corpo materico che si allontana progressivamente dalla sola superficie fotografica; utilizzando acrilici e pigmenti sviluppa quasi una superficie “emotiva” sulle sue stampe finali.

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GIACOMO INFANTINO

Giacomo Infantino nasce nell'aprile del '93 in provincia di Varese e attualmente è laureando in Nuove tecnologie all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

Da alcuni anni è attivo sul territorio del varesotto e in quello milanese. Ha esposto le sue fotografie per diversi eventi quali il Salone del Mobile 2017 a Milano, Accademia Aperta, e presso il prestigioso Ex studio di Piero Manzoni. Ha inoltre partecipato all’inaugurazione dello spazio espositivo Wg Art/Substrato, un’iniziativa di riqualificazione dell’Ex libreria Veroni situata nel cuore della città di Varese.

Da circa tre anni si sta dedicando a un progetto fotografico che racconta personalmente la provincia di Varese estendendosi no alle aree periferiche di Milano.
La mia ricerca è basata sulla narrazione approfondita di quei luoghi della mia provincia, quei siti periferici a cui ho dedicato la mia attenzione e una frequentazione costante. La produzione fotografica cerca di aprire le porte di questo spaccato sociale con i ritratti delle loro identità e dei luoghi da loro abitati.
“Fotografare tutto questo mi ha permesso di interpretare una parte della vita quotidiana di queste persone, trasformandole in personaggi impassibili, sospesi e quasi assenti. Queste persone, così diverse fra loro, hanno in comune l’appartenenza ad una società liquida, in continuo mutamento e sempre più globalizzata. In questo senso la loro identità diventa internazionale, sono cioè contemporaneamente fuori dal mondo e dentro il mondo. Mai come oggi l’individuo è così concentrato su se stesso e nel contempo così connesso agli altri, questo è il binomio sociale di cui tutti noi siamo protagonisti. L’immagine aleatoria e smaterializzata crea il contrasto fra diurno e notturno, il quale rivela la maschera della realtà e il suo incon-scio nascosto.
La mia rappresentazione ha dei rimandi formali a un canone di modello, quello americano, contrapposto a simboli italiani che mettono in risalto la reale identità delle cose. La finalità è cercare di mettere in luce qualcosa che sfugge ad un primo impatto, che rimane nascosto nel substrato quotidiano e che mi ha sempre affascinato.”

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DONATELLA IZZO

Donatella Izzo (1979), vive e lavora a Milano. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera e da subito il suo interesse si concentra sulla fotografia elaborata in maniera pittorica, tanto da permetterle di vincere numerosi premi per la pittura tra il 2006 e il 2009. Nel 2010 l’artista si spoglia della manipolazione pittorica fin ora pre-dominante e approda ad una fotografia più pura nella tecnica, sebbene caricata di una forte valenza metaforica. Dal 2011 iniziano le esperienze internazionali con le mostre di Londra, Madrid, Barcellona, Rzeszòw (Polonia) New York, oltre che in numerose mostre in Italia. Le sue fotografie sono state acquisite da collezioni pubbliche e private, ultima in ordine cronologico nella Collezione del Museo della Fotografia di Senigallia.

Recentemente la rivista inglese Art Reveal le ha dedicato la copertina, mentre è apparsa sulle pagine di Vanity Fair Italia, del Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, e su numerose riviste on-line segnalata tra le artiste italiane emergenti più interessanti.

Tra le ultime mostre si segnalano la personale “Family Tree” presso la Galleria La Bottega di Pietrasanta a cura di F. Mutti e la collettiva “No-Face” alla Kunsthalle di Lana (Bz) a cura di A.Tricoli.

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RICHARD KERN

Cresciuto nel North Carolina, Richard Kern viene introdotto alla fotografia dal padre, editor e fotografo per diversi giornali.

Nel 1979 si trasferisce a New York, dove inizia a dedicarsi anche alla creazione di film sperimentali. I suoi sfacciati cortometraggi d’esordio gli valgono un posto fra le fila di “Cinema of Trasgression”, un gruppo underground legato alla cultura punk e impegnato nella produzione di film a basso costo incentrati su sesso e violenza, ma non senza una forte dose di humor.

Nel manifesto del gruppo, pubblicato nel 1985, si legge: “tutte le scuole di cinema dovrebbero saltare in aria e tutti i film noiosi non dovrebbero mai più essere girati. Proponiamo che il senso dell’umorismo, scartato dagli studiosi bacucchi, sia un elemento fondamentale e, inoltre, che qualsiasi film incapace di sbalordire non debba neanche essere preso in considerazione. Ci sarà sangue, disonore, dolore e estasi, cose a cui nessuno ha ancora mai pensato. Nessuno dovrà uscirne indenne..”.
YouKilled Me First, girato da Kern nel 1985, è emblematico degli intenti di “Cinema of Trasgression” di contestare le convenzioni sociali e i moralismi del tempo, esplorando temi come la violenza domestica, i ruoli di gender, le abitudini sessuali, le tendenze suicide, ma anche la povertà, il consumo di droga e la diffusione dell’AIDS.

In questi documenti di depravazione in 16mm recitano personaggi come i Sonic Youth e Lydia Lunch; i film di Kern contribuiscono a definire l’attitudine e lo stile di artisti e artistoidi della selvaggia Manhattan underground degli anni Ottanta.

Nel Frattempo, Kern continua a fotografare, individuando il suo tema favorito e la sua cifra stilistica negli scatti provocatori, sexy e grotteschi di ragazze “normali”: non solo modelle, ma soprattutto giovani donne riprese in interni domestici, che sembrano condividere con il fotografo momenti di intimità (dal lavarsi i denti seminude ad atti sessuali espliciti), in una sofisticata forma di esibizionismo che mescola quotidiano e posa, banalità e star-system.

Le sue rime foto di nudo vengono pubblicate nel giornale soft-core porno Barely Legal, poi in numerosissime riviste in tutto il mondo. Nel corso della sua carriera di fotografo Kern attraversa da protagonista il mondo della ricerca d’avanguardia, quello dell’industria pornografica e quello della fotografia di moda mantenendo la sua estetica inalterata e coerente a se stessa.

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SEBASTIAN KLUG

Sebastian Klug è un fotografo tedesco con sede a Berlino. Ha iniziato a utilizzare la fotografia mentre studiava architettura e dal 2008 ha cominciato la sua attività espositiva. Il suo lavoro è stato presentato al Festival Europeo del Mese della Fotografia di Berlino nel 2010 e in diverse sedi e città tra cui Cottbus, Udine, Venezia, Amsterdam, Helsinki, Copenaghen, Londra e Oklahoma.

Dopo aver trascorso un anno all'estero all'Università IUAV di Venezia, ha sviluppato un forte interesse per il disegno e la fotografia, successivamente si trasferisce a Berlino dove termina i suoi studi e inizia a lavorare su un progetto di documentario personale.
Esplora la città di notte, usando il suo cellulare al posto di una macchina fotografica. Questo dispositivo low-fi registra immagini con atmosfere piene di “rumore” e grana, trasformando la realtà in una versione sonnambolica e onirica di se stessa, avvicinandosi così alla particolare percezione sia del fotografo che dei suoi protagonisti.

Recentemente Sebastian ha connotato la sua ricerca artistica con una serie di opere chiamate "Pixograms", in cui ritaglia tecnicamente due stampe di un unico scatto, in strisce di carta e ricompone l'immagine quasi a tessere nuove identità di ciò che viene rappresentato. Applicando questa tecnica manuale e artigianale alle stampe fotografiche, aliena il contenuto dell'immagine, lo rende pixelato a un livello analogico e le trasforma in oggetti tridimensionali. Oscillando tra immagine e scultura, crea un ibrido di entrambi i generi, unendo la loro espressività e lasciando la sua classificazione finale alla percezione dello spettatore.

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